Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 13 gennaio 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Effetti anti-infiammatori degli omega-3 nel cervello. Recenti studi hanno indagato i meccanismi mediante i quali gli acidi grassi poli-insaturi, inclusi gli omega-3, regolano la segnalazione della microglia, specialmente nel contesto della neuroinfiammazione cerebrale e nel comportamento. Il metabolismo lipidico cerebrale dipende da una complessa integrazione della dieta con processi biochimici periferici, quali quelli che avvengono nel fegato e nel sangue, che possono variare per effetto della genetica, del sesso e dell’invecchiamento. Molte di queste vie biochimiche sono soggette ad essere perturbate, con conseguente alterazione dell’omeostasi dei lipidi del cervello. Layé e colleghi hanno discusso, in particolare, come gli omega-3 e i loro metaboliti regolano il fenotipo della microglia per esercitare le attività anti-infiammatorie nel cervello. [Layé S., et al., Pharmacol Rev. 70 (1): 12-38, 2018].

 

Individuato un meccanismo neurale della preferenza sessuale. Ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot in Israele hanno riconosciuto e dimostrato un ruolo fondamentale del sistema dopaminergico mesolimbico (VTA – nucleo accumbens) nella regolazione delle risposte mediate da ferormoni e nella scelta della femmina da parte dei maschi nel topo. Infatti, maschi TrpC2-/- non presentavano, durante le interazioni con le femmine, livelli più alti di dopamina nel nucleo accumbens come i maschi di genotipo naturale. La stimolazione optogenetica dei neuroni segnalanti mediante dopamina del circuito VTA–accumbens nei topi TrpC2-/- durante l’esposizione a una femmina, promuoveva la risposta di preferenza per i ferormoni femminili e un accentuato comportamento copulatorio verso le femmine. La segnalazione mediante i recettori dopaminergici D1 nel nucleo accumbens è risultata necessaria nei maschi per la preferenza delle lettiere sporcate dalle femmine. [Beny-Shefer Y., et. al. Cell Rep. 21 (11): 3079-3088, Dec. 12, 2017].

 

Una differenza cerebrale potrebbe consentire di distinguere l’anoressia nervosa atipica da quella tipica. Molti elementi dell’anoressia nervosa propriamente detta sono presenti nella forma atipica, incluso il rischio genetico, l’età di insorgenza, la psicopatologia e la prognosi dell’esito, sebbene la perdita di peso non sia sempre tanto evidente e importante. Gli studi più recenti hanno documentato alterazioni strutturali del cervello nell’anoressia nervosa tipica, mentre per le forme atipiche si hanno pochi dati frammentari. Olivo, con gruppo di ricerca svedese dell’Università di Uppsala ha indagato la struttura cerebrale, mediante esame morfometrico basato su voxel, di 22 ragazze affette da anoressia nervosa atipica, confrontando l’esito con quello dello stesso esame condotto su 38 giovani donne equivalenti per età e affette dalla forma tipica dell’anoressia nervosa. Contrariamente a quanto riportato e supposto da altri in precedenza, Olivo e colleghi, nelle ragazze affette dalla forma atipica, non hanno rilevato alcuna riduzione della materia grigia. Tale elemento costituisce un’evidente differenza con le alterazioni strutturali caratterizzate da contrazione della materia grigia, rilevate nel cervello delle ragazze con l’anoressia nervosa tipica.

Questo dato, che non è riferito a grandi numeri, potrebbe essere anche interpretato quale assenza nelle forme atipiche dell’effetto di sofferenza cerebrale connessa alla perdita patologica di tessuti biologici associato alla perdita di peso delle forme tipiche. Ma, se l’assenza di alterazione strutturale nelle forme atipiche sarà confermata da altri studi e si avrà la certezza che le alterazioni delle forme tipiche sono pre-esistenti allo stato di cachessia, di fronte ad un quadro di anoressia nervosa si potrà impiegare l’esame morfologico del cervello per una diagnosi differenziale.

[Olivo G., et al. In t J Eat Disord. –  51 (1): 39-45, 2018].

 

Svelate differenze sessuali nell’abuso di alcool nei ratti. La massima parte degli studi sulla neurobiologia dell’alcolismo adotta modelli sperimentali del disturbo da consumo cronico di alcool costituiti da maschi di topo o di ratto. Per tale ragione, si è finora ritenuto che non esistessero differenze legate al sesso nei modelli animali dell’etilismo umano. Uno studio condotto in Australia da Hogarth e colleghi ha invece impiegato ratti femmine e maschio, riuscendo ad individuare un’importante differenza molecolare. Ricordiamo che il Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF) è implicato nell’alcolismo come nella dipendenza da altre sostanze psicotrope d’abuso (droghe); ebbene, i ricercatori australiani hanno accertato che le vie di regolazione del BDNF hanno importanza nelle differenze fra i sessi nel ristabilirsi, dopo astinenza, del comportamento compulsivo di auto-somministrazione dell’alcool premendo una leva.

Questo risultato sottolinea la necessità di impiegare sempre animali di entrambi i sessi per studiare i circuiti cerebrali e i meccanismi molecolari dell’abuso neurotossico di etanolo, come di altre sostanze psicotrope che generano dipendenza. [Hogarth S. J., et al., Behav Brain Res. 339: 73-78, 2018].

 

Gemcitabina per il trattamento dei meningiomi di alto grado. Takeda e colleghi hanno ottenuto l’inibizione in vitro della crescita di cellule di meningioma di alto grado mediante gemcitabina. In vivo, la chemioterapia sistemica con gemcitabina sopprimeva lo sviluppo e la crescita del tumore, e raggiungeva, nei modelli sperimentali, il controllo di meningiomi già sviluppati. La molecola ha dimostrato un’efficace attività anti-tumorale contro meningiomi di alto grado, mediante meccanismi citostatici e citotossici. [Cfr. Oncotarget 8 (53): 90996-91008, 2017].

 

Come si determina la misconosciuta cecità per la profondità da vicino e da lontano. Circa 50 anni fa Whitman Richards (1932-2016) scoprì che circa il 30% della popolazione generale presenta stereoblindness o “cecità per la profondità”, ossia disabilità nell’elaborazione della disparità binoculare che consente di apprezzare la profondità di campo sia in vicinanza che in lontananza. Da allora, questo problema, che nella maggior parte dei casi non è riconosciuto, ha costituito un importante riferimento negli studi sulla percezione dello spazio.

In una recente rassegna sull’argomento, Dorman e un suo collega rilevano due importanti problemi: 1) gli studiosi attualmente impegnati nell’analisi della stereopsia sottovalutano la comprensione che gli studi di elaborazione della disparità richiedono una precisa valutazione della cecità per la profondità; 2) rimane irrisolta un’importante questione: come può riconciliarsi il dato sperimentale dell’elaborazione della disparità da parte di un continuum di rilevatori con la disabilità di molti osservatori nell’elaborare un’intera classe di disparità vicine o lontane? A questo quesito gli autori della rassegna forniscono una risposta: un’asimmetria presente alla nascita fra il rilievo della disparità vicina e lontana può sopprimere la tipica formazione di correlazione binoculare durante il periodo critico per lo sviluppo della stereopsia nelle fasi precoci della vita, in tal modo disabilitando un’intera classe di disparità della vicinanza o della lontananza. [Iperception 8 (6): 2041669517738542, Nov 16, 2017. Si veda anche nelle Notule del 9-12-17: “Una scoperta per capire come si percepisce lo spazio può risolvere un antico problema”].

 

Danza, ritmi tribali ed esperienze sensoriali del cervello in utero. La nostra società scientifica ha dedicato numerosi aggiornamenti e seminari aperti al pubblico alle basi neurobiologiche della danza, del ritmo e della musica. Il ruolo nella storia antropologica dell’ascolto della natura, dal canto degli uccelli ai ritmi ambientali, al comportamento animale, è stato indagato anche in funzione dell’apprendimento che ha plasmato, nel corso dell’evoluzione, i circuiti cerebrali alla base di questa abilità. Un ruolo al quale siamo stati molto attenti è quello dell’interazione madre-figlio, che comincia quando il feto, in utero, acquisisce la capacità di percepire onde vibratorie. Ora, in una lettera su Scientific American, Terry J. DuBose, professore associato emerito della University of Arkansas, così si espressa: “Dopo una carriera di 45 anni nella diagnostica medica sonografica e l’osservazione di migliaia di feti, mi sono convinta che l’antica tendenza umana ad usare ritmi rituali, suono di tamburi e danza sia una naturale conseguenza di queste esperienze fetali in utero” (Sci Am. 317, 5: 4, November 2017).

È vero che nell’addome materno, e in particolare nell’utero gravidico, sono trasmessi come onde di rarefazione e compressione (onde sonore) stimoli acustici provenienti dal corpo della madre e, in parte, dall’ambiente circostante. È anche vero che è stato dimostrato che l’ascolto trans-uterino di una melodia da parte del feto, grazie a dispositivi di trasmissione applicati quotidianamente in esperimenti condotti in gravidanza, può consentire al neonato di riconoscere quella stessa melodia in una discreta percentuale di casi. Tuttavia, l’analisi degli stimoli acustici nel feto non può avvenire come nell’adulto, per immaturità delle strutture corticali e sottocorticali che elaborano i suoni, ed è difficile immaginare come la capacità di rilevare e ritenere sequenze acustiche e ritmiche si manifesti a quel livello di sviluppo. Per inciso, si ricorda che le attività motorie ritmiche sono proprietà del sistema nervoso anche di animali semplici e primitivi come l’anfiosso, e che nella danza si verifica una sorta di allineamento di neuroni sensoriali all’attività di neuroni di moto. Pertanto, se l’ipotesi della professoressa DuBose appare genericamente plausibile, il suo fondamento nella neurobiologia del cervello in corso di sviluppo richiede ancora di essere provato sperimentalmente. D’altra parte, riesce difficile negare l’importanza che può avere avuto in milioni di anni di evoluzione l’ascolto della natura, l’imitazione e il successivo sviluppo di comportamenti proto-culturali da parte di ominidi e di homo sapiens.

Continuando a seguire i progressi della ricerca in questo campo, si è deciso di prevedere un incontro di aggiornamento per quando sarà raccolta una quantità significativa di nuovi dati e nozioni.

 

Notule

BM&L-13 gennaio 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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